Le macchie solari sembrano essere circondate
da anelli di luce. Grazie al Precision
Solar Photometric Telescope di Mauna Kea, nelle
Hawaii, gli scienziati del National Center
for Atmospheric Research (NCAR) sono stati in grado
di osservare corone luminose intorno ad almeno otto
delle macchie scure presenti sul Sole.
Le macchie
solari, osservate fin dall’antichità dagli studiosi
cinesi e confermate da Galileo, sono state per lungo
tempo avvolte nel mistero. Queste formazioni
rappresentano punti più freddi della superficie solare
con una temperatura inferiore di duemila gradi rispetto
al resto della fotosfera, che brucia normalmente a 5700
gradi. L’aspetto scuro delle macchie è dovuto al mancato
trasporto di calore, soppresso dal forte campo magnetico
interno.
Per anni ci si è chiesto dove finisse il
calore mancante nelle macchie, formulando modelli che
prevedono soprattutto una dispersione uniforme e
ipotizzando, circa 25 anni fa, che il calore non diffuso
avrebbe dovuto apparire come un alone luminoso sulla
superficie solare. Fino a oggi però, gli strumenti a
disposizione e l’interferenza dei flussi magnetici
verticali non avevano mai consentito una loro effettiva
osservazione.
«La presenza di questi anelli luminosi
- scrive Mark Rast nel lavoro pubblicato su «Nature» -
non solo supporta l’idea che le macchie solari appaiano
scure perché il loro campo magnetico blocca il trasporto
del calore, ma gli anelli suggeriscono che si potrebbe
trattare di fenomeni superficiali, oppure che i flussi
convettivi intorno alle macchie conducano il calore alla
superficie in maniera più efficiente di quanto i modelli
attuali siano in grado di prevedere.»
Quest’ultima
ipotesi è la più accreditata dal gruppo di ricercatori
del NCAR. Gli anelli di luce osservati sono dell’1 per
cento più luminosi della fotosfera, compensano solo il
10 per cento dell’energia che manca nelle macchie e sono
tanto più luminosi quanto più grande è la macchia. Il
loro contributo alla quantità di energia che raggiunge
la Terra è trascurabile, ma la loro esistenza potrebbe
portare consistenti novità negli attuali modelli di
diffusione turbolenta. Sebbene abbiano un'intensità
relativamente debole, essi suggeriscono infatti che il
trasporto del calore intorno alle macchie sia un
fenomeno strutturato e potente piuttosto che
uniformemente diffuso come descritto finora.
Barbara Bernardini
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